Il prof. Marco Re, docente di Elettronica Digitale presso l’Università di Roma Tor Vergata, in un’intervista a Rainews analizza i fondamenti scientifici e le potenziali implicazioni della tecnologia sviluppata da Neuralink, l’ultima impresa di Elon Musk
di Mario Tosetti
Neuralink, il recente progetto di Elon Musk, sta attirando un gran numero di sguardi, sia per curiosità che per preoccupazione. Il suo obiettivo è creare un’interfaccia uomo-macchina che potrebbe, in teoria, sovrapporsi all’essere umano in vari ambiti. Ma che cosa differenzia questo progetto di tecnologia neurale dagli altri? L’esperto di elettronica digitale, prof. Marco Re, intervistato da Rainews ha offerto la sua esperienza per aiutare a comprendere come funzionano i nuovi principi scientifici e le nuove tecnologie introdotte.
Anzitutto occorre specificare che Neuralink non è una semplice interfaccia; invece, è un sistema multidimensionale di tre componenti interconnessi: un’unità impiantabile biocompatibile (N1), un’unità esterna di elaborazione dati e un robot per microchirurgia (R1). Il tutto gestito da un manipolo di minuti fili di connessione che interfacciano l’unità N1 con specifiche aree del cervello.
Continua Re, definendo il Neuralink come l’evoluzione non di un concetto singolo, ma più ampio, quello dell’interazione bidirezionale con il cervello. E ciò che lo rende significativo rispetto ad altri sviluppi tecnologici precedenti nella medicina, come i pacemaker o i sistemi di stimolazione cerebrale profonda, è la sua capacità di trasmettere e analizzare massicce quantità di dati.
Ma come ha fatto Neuralink a realizzare questo salto tecnologico? Secondo Re, il merito va alla microelettronica avanzata, che consente la creazione di sistemi digitali minuscoli ma potenti e all’innovazione nel campo dei sistemi di comunicazione wireless.
Proprio come molti altri sviluppi tecnologici, Neuralink promette un mondo di applicazioni potenziali, tra cui il miglioramento delle capacità cognitive, la memoria, l’attenzione, il supporto per malattie come il morbo di Alzheimer o il Parkinson, e l’aiuto a persone con gravi disabilità motorie.
Tuttavia, Re ci avverte dei potenziali rischi di queste tecnologie invasive e potenti. Sottolinea l’importanza di stabilire dei confini etici alla ricerca e di definire linee legali per gestire la transizione generata da queste nuove tecnologie.
Infine, il Prof. Re esprime preoccupazione per le possibili implicazioni geopolitiche nella produzione di questa tecnologia avanzata. Afferma che l’industria delle tecnologie è sempre più centralizzata in poche aree, con problemi geopolitici evidenti. Consiglia quindi di prendere provvedimenti per decentralizzare la produzione e per incoraggiare più studenti a intraprendere studi nella scienza e nell’ingegneria, in particolar modo nel settore dell’ingegneria elettronica.
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